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n. 1 / 1 luglio 2012

Catherine Hakim. Capitale erotico. Perché il fascino è il segreto del successo

(Honey Money: The Power of Erotic Capital)
tr.it. Mondadori, Milano, 2012

Armida Salvati
Professore di Sociologia Generale
Università degli Studi di Bari "Aldo Moro"

 

Non bastavano il capitale fisico, il capitale umano (Becker), quello culturale (Bourdieu), il mai abbastanza celebrato capitale sociale (Coleman), quello spirituale (Iannaccone), quello di cura (Anderson), adesso dobbiamo anche fare i conti con il capitale erotico. La ricerca della Hakim svela una verità davanti agli occhi di tutti: i belli hanno più successo degli altri, riescono simpatici più facilmente e, se utilizzano bene quella che appare come la dotazione più naturale tra tutte quelle sopra elencate, vedranno i loro obbiettivi raggiunti con maggior efficacia rispetto a coloro che non vi fanno ricorso. La prima impressione, che una tesi del genere suscita, al pari delle teorie sopra richiamate, è che si indaghi sull’ovvio, che questo è da sempre risaputo, e che non c’era bisogno di farne un libro, anche di ragguardevoli dimensioni (352 pp. nell’edizione italiana). Ma questa impressione deve lasciare il posto alla lettura di una interessante disamina di come le diverse culture interpretino la sessualità dentro le relazioni. L’ipotesi è che, in quelle culture che danno una grande importanza all’esercizio della sessualità, questa possa essere utilizzata come merce di scambio per acquisire, da parte di chi sia dotato di appeal erotico, posizioni di preminenza in campo lavorativo, o all’interno del mercato matrimoniale, o semplicemente nell’ambito degli scambi sessuali. L’Italia, se stiamo a questo indicatore, è tra i Paesi nei quali la sessualità riveste uno dei ruoli più preminenti. Se guardiamo alla bellezza delle nostre ragazze, e dei nostri ragazzi, alla estrema cura che essi mettono nell’apparire, abbigliarsi, acconciarsi, non possiamo che autocollocarci, in questa classifica, ad uno dei primi posti. Che si sfati, una volta per tutte, il mito che la donna, o l’uomo si faccia bello per sé, in realtà, quello che si sta mettendo in campo, ai vari gradi e livelli di possibilità, è una risorsa dentro una competizione. E che questa competizione si attui, in maniera più evidente, e maggiormente accettata moralmente, nell’ambito della giovinezza, apre ad altre riflessioni. Da sempre, la bellezza si associa alla giovinezza, e questo è il luogo, temporale e di significato, entro il quale si adottano le strategie allocative di una risorsa a tempo per le quali le scelte dispiegheranno le loro conseguenze per il tempo a venire. Un buon matrimonio, per una donna bella, è la sicurezza per il futuro e il risultato di una accorta strategia di piazzamento del capitale erotico a disposizione. Ma non avevamo detto che la donna deve perseguire la realizzazione di sé, in autonomia, che essa non dipende dall’uomo, che non è l’oggetto del suo piacere, che non deve farsi dettare le condizioni dall’immaginario maschile? Ci eravamo sbagliate. Nell’era delle immagini, e dell’immaginario, possiamo finalmente sdoganare e neutralmente accettare, ciò che culture ‘meno evolute’ della nostra hanno da sempre accertato: la donna siede sulla propria fortuna, o, che è lo stesso, una donna non rischia mai di dormire all’addiaccio (S. Latouche, L’altra Africa). E questo è tanto più vero quanto più si tratti di una donna giovane e bella. Ma queste affermazioni apodittiche vanno sfumate nella considerazione che a disporre di capitale erotico sono anche gli uomini, e che, udite, udite, vi fanno ricorso più consapevolmente, e utilmente, delle donne. Fascino, appeal erotico, vitalità, un mix di qualità che rendono accettabile socialmente una persona e che vanno a colmare deficit di cultura e ricchezza complementarmente attraendo prestigio e ricchezza. Ciò che caratterizza gli uomini in questa lotta tra i sessi riveduta e corretta, è che essi sono affetti (?) da un perdurante deficit sessuale, il che li pone, se accettiamo queste premesse, in una posizione di svantaggio, continuamente esposti alle insidie del Fascino femminile. Malìa dalla quale si sottraggono gli uomini omosessuali, i quali, non a caso, tengono all’aspetto fisico, e alla cura del corpo, in misura maggiore che non gli eterosessuali. Reciprocamente, e secondo le ricerche che Hakim chiama a sostegno, le donne omosessuali sono meno attente alla bellezza fisica nella scelta della partner. Questo gioco di seduzione, che non risparmia nessuno degli ambiti entro i quali sia in palio una qualche risorsa di riconoscimento sociale (status, ricchezza, lavoro, quello che noi consideriamo desiderabile) si prolunga ben oltre la scelta matrimoniale, che già Becker, negli anni ’60, aveva visto guidata da parametri di tipo economico, anche per il solo fatto che le persone si sposano sempre meno, sempre più tardi e, quando lo fanno, l’unione è condizionata dalla persistenza delle condizioni iniziali di attrazione sessuale, mancanza di alternative valide, andamento dei mercati, in una parola, sono sempre più spesso destinate a non essere la scelta per la vita.
D’altra parte, per le donne, sembrano suggerire gli esempi riportati da Hakim, si pone in termini diversi il consueto trade-off tra matrimonio e carriera, la scelta realizzativa nel lavoro o nella famiglia. Se ben gestito, il capitale erotico consente di contrarre unioni matrimoniali vantaggiose ben oltre quanto possa essere una bella carriera. All’interno del focolare domestico, se ha un bel culo (in senso proprio e figurato), la donna gestisce un potere maggiore, mai messo in discussione, rispetto a quello che può esercitare sul lavoro. Con buona pace delle politiche di conciliazione, di cui, diciamo la verità, non gliene é mai fregato un accidente a nessuno.

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