Potere delle immagini / Immagini del potere

 

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n. 0 / Gennaio 2012

Ottavia Niccoli. Vedere con gli occhi del cuore. Alle origini del potere delle immagini

Laterza – Bari 2011

 

Adelaide D'Auria
Scuola di dottorato in scienze umane
Università degli Studi di Bari Aldo Moro

 

La complessità del rapporto tra immagini e potere è testimoniata dalla molteplicità di prospettive dalle quali la questione può essere presa in esame. La prospettiva iconocratica, che attribuisce alle immagini una funzione non solo strumentale, ma fondativa del potere politico, si affianca a quella storico-artistica, che tenta di fornire gli strumenti necessari a meglio comprenderle.

Quella utilizzata da Ottavia Niccoli nel suo volume “Vedere con gli occhi del cuore. Alle origini del potere delle immagini” (Laterza, Bari, 2011)è ancora più specifica, dal momento che, attraverso una serie di esempi iconografici e ricostruzioni storiche di usi, credenze e linguaggi antichissimi, l'autrice cerca di dar conto di un'ulteriore funzione che le immagini hanno svolto nella storia. Muovendosi in un orizzonte culturale ben definito, cioè quello italiano del XV e XVI secolo, si propone di descrivere la potenza e l'impatto che le immagini sacre hanno per lungo tempo esercitato sulla società del tempo, non solo in relazione all'esercizio della propria fede, ma anche rispetto al modo di concepire la vita e il mondo circostante, ai suoi meccanismi mentali, in definitiva. Come, dunque, le immagini sacre coinvolgevano direttamente i fedeli e in che modo tale rapporto è andato modificandosi, sono alcuni tra gli interrogativi che sono posti nel volume. Nello specifico ciò che si descrive è l'”esperienza” dell'immagine sacra, vissuta non solo attraverso l'uso meccanico della funzione visiva, ma soprattutto attraverso «l'occhio mentale di dentro». Così l'atto del vedere e il suo effetto, la visione, vengono a coincidere: l'immagine sacra produce al contempo il rinsaldarsi della fede e laproduzione di immagini nuove attraverso la visione di realtà soprannaturali, raccontate mediante singoli dipinti o molto più spesso interi cicli pittorici; la sublimazione della fede si sostanzia nella visione di Dio, nella visio beatifica,che determina la completa immersione del fedele nella divinità: «L'icona porta il soprannaturale sulla terra, ha in sé la realtà raffigurata e dunque l'osservatore non può sfuggire alla presenza divina che essa disvela e gli offre», scrive l'autrice.

Il processo identificativo divinità-fedele è descritta come una costante nel periodo storico preso in esame, essendo una parte importante della vita quotidiana, oltre a rappresentare il modo più frequente e diffuso di manifestare la propria religiosità. Si è lontani quindi dalle realtà successive, inclusa evidentemente quella contemporanea, in cui la cesura tra la religione come fatto privatissimo e la vita pubblica che ne include tutte le restanti componenti, è netta e per certi versi irreversibile.

Ottavia Niccoli, descrivendo puntualmente le diverse manifestazioni di questo stretto rapporto fedele-immagine-divinità, dimostra come fosse del tutto naturale considerare quella religiosa una parte integrante della propria esistenza. Ne sono esempi la presenza molto comune di icone domestiche di varie forme e materiali (tele, statue, tavolette, ecc...), o l'attenzione, nell'educazione dei bambini, alla costruzione di una forte familiarità o addirittura identificazione, con le immagini sacre. La continua relazione visiva inoltre andava oltre il mero rapporto soggetto-oggetto, determinando la convinzione per cui queste, al pari delle reliquie, potessero avere poteri taumaturgici, la cui efficacia costituiva la prova della potenza della preghiera e della contemplazione.

Tanto forte questo rapporto da rendere necessario il suo controllo. La Riforma protestante infatti, segna un momento rivoluzionario nel modo di vivere la religione da parte dei fedeli. L'eterodossia diffusa in quegli anni, portando con sé un radicale cambiamento delle tradizionali concezioni religiose, conduce la Chiesa Cattolica a censurare, limitare, selezionare le manifestazioni di religiosità considerate inopportune. Il controllo sul soprannaturale, che era stato, quest'ultimo, parte integrante della vita dei fedeli, diventa prioritario, dando così il via a pesanti interventi da parte delle autorità ecclesiastiche che iniziano a definire talune manifestazioni di fede, molto spesso visioni, comesuperstizioni. Le necessità politiche pertanto, finiscono col prevalere e determinano il controllo del bisogno diffuso di religiosità, ancor di più nelle sue manifestazioni popolari. Il ruolo dell'immagine sacra da questo momento in poi cambia, diventando uno strumento di ri-diffusione dell'ortodossia dottrinale, limitando al massimo quella visione con gli occhi del cuore che fino a quel momento aveva fatto della divinità una presenza intima e quotidiana.

In questo numero